Oh, ✨le corna✨ funzionano in modi così curiosi.
Tornano! Sempre! Indietro! Al! Mittente!- no? Si? Si. Qui si.
Partorito da chi ha tradito,
da chi di madre aveva poco,
da chi si prese la libertà di amare l’amore e di amarne il Dio;
figlio di suo marito,
di chi di sangue in comune non ne ha,
ma che non avrebbe desiderato altro se non, forse, fare un po’ meno schifo in quel ruolo tanto ambito di genitore.
Figlio di un insegnante modello, figlio di un padre allo sfacelo che, alla fine, forse di buono aveva solo le intenzioni mal riuscite.
Difficile biasimarlo.
Difficile esser padre di Felix,
Clown della classe in cerca di attenzioni- quel bambino a cui si tirerebbe volentieri una sedia sui denti nel periodo delle medie.
Difficile esser padre di Felix,
Sveglio ma disattento,
Furbo ma “visionario” perché, dopotutto, che ne sa un padre mortale della foschia? Non è certo affar suo. Non stava a lui sapere. A lui stava solo capire- e forse è qui che si fermano i suoi successi in quanto padre, e cominciano i fallimenti in quanto essere vivente e marito, perché a quanto pare i matrimoni non funzionano a suon di “occhio per occhio e dente per dente”; perché, a quanto pare, alla lunga si arriva ad un bel divorzio netto. Poi, con l’unica figura sana fuori dal quadretto, Felix avrebbe impiegato poco a giocare la roulette russa con la sua esistenza, pallottola nelle mani di individui di ogni sorta: sua “madre”, donna che, a sua volta, tendeva a farsi guidare troppo dalle necessità di qualcuno che di famiglia non era, ma che di famiglia ci viveva; qualcuno che, come strappò la madre da una vita più regolare, così fece col figlio, perchè in famiglia la miseria non si affronta mai da soli, e perché la famiglia questo è: nel bene e nel male, tutti insieme.
I vecchi arrivati ed i nuovi, nessuna eccezione, la famiglia è questo.
Portatore di chaos a scuola e di denaro a casa, di lavori sporchi ne ha fatti, dai più ai meno adatti per chi di anni ne aveva solo 14, 15, 16- no, 15, ci si ferma lì.
Successo qualcosa, se la sua famiglia era tutto, si trovò presto senza niente: senza casa, senza madre, senza un supporto che il patrigno l’aveva educato a necessitare.
Da solo resistette due mesi, forse meno.
Coda tra le gambe, finì con l’andare a vivere, zitto zitto, da quello stesso supporto malsano che sapeva d’esser tale, ma che di domande se ne faceva poche, e di precauzioni ne prese tante, troppe, ogni giorno qualcosa di nuovo; ogni giorno un rischio in più, difficile nascondere un semidio sotto un tetto come un altro, impossibile tenerlo per sé, facile impazzire nel tentativo.
Due anni dopo- ma questi sono dettagli, certo, nessuno ci fece troppo caso, Felix già lontano da occhi e orecchie della polizia-, l’uomo fu trovato morto. Sicuramente un suicidio, “senza dubbio”, le medicine erano le sue, dopotutto, si sapeva fosse malato di capoccia.
Difficile esser suo padre, ancor di più essere suo patrigno, ma più facile essere suo amico. Dubbi in testa, finito a casa di un semidio, venne guidato verso il Campo Mezzosangue, “meglio tardi che mai”. Venne, più che altro, guidato in generale, tra la scoperta del suo genitore divino e il riallacciamento col genitore vero e proprio: al termine dell’estate, ancora diciassettenne, tornò a vivere a casa di suo padre, legame da salvare, guarire, recuperare. Col professore di giurisprudenza fu molto più semplice, a dire il vero, stringere un legame sereno- padre di una figlia di Atena, era agevolato nel capire il biondo.
Nonostante i nuovi studi non manca mai di tornare al campo ogni estate, perché il! found! family! non basta mai